Hey JoJo, what OCR software do you use. I'm trying to translate manga, and I'd like to know.
Adobe Acrobat Professional 9
Now...
Here goes.. There's probably all kinds of errors in this, OCR is not an exact science, and I'm not helped by this not being in my native language.. (anyone for whom this is their native language... Feel free to make corrections..
MOLTI SONDAGGI confermano che la leggenda di P.I.D. è tra le più
conosciute dall'opinione pubblica. Da oggi, forse, nuovi sondaggi
potrebbero dare risultati ancora più netti, grazie alle scoperte
di due ricercatori italiani che per verificare tutta la storia non si
sono limitati a mandare al contrario tracce musicali o a fare l'esegesi
di un testo ma sono ricorsi ai rigidi protocolli che regolano
la pratica forense della metodologia identificativa.
Gabriella Carlesi e Francesco Gavazzeni sono una strana coppia:
lei è un'anatomopatologa, lui un informatico. Lei è un'esperta nel
riconoscimento craniometrico, lui mette le potenzialità del computer
a disposizione di una disciplina nata a metà Ottocento: la
craniometria appunto. Secondo lo Zingarelli, «è la scienza che si
occupa della misurazione del cranio in rapporto all'antropologia e
all'anatomia comparata». Ora, per identificare una persona la certezza
assoluta la danno due esami: le impronte digitali e il dna (se
il prelievo dei campioni è effettuato correttamente, cosa che non
sempre avviene). In assenza di polpastrelli e di campioni di dna la
metodologia identificativa ricorre all'antropometria e, in particolare,
alla craniometria, che si basa sull'analisi di alcuni precisi punti.
Presenti nel viso di chiunque, immodificabili e codificati nell'Ottocento
dal francese Paul Broca. Quali sono questi punti? In termini
non scientifici potremmo definirli la distanza tra le pupille, l'intersezione
tra il naso e le arcate sopraccigliari, il punto in cui la base
del naso si stacca dal labbro superiore, la conformazione di mandibola
e mento, i padiglioni auricolari. Poi c'è la forma del cranio.
In generale però l'anatomia topografica preferisce parlare, più che
di punti precisi, di "regioni", perché nell'arco di pochi centimetri
di pelle possono esserci più caratteristiche utili a stabilire somiglianze
e differenze. L'antropometria e la craniometria, per quanto
abbiano un'origine ottocentesca, sono alla base della biometria, la
scienza usata oggi per il riconoscimento personale dalle intelligence
più sofisticate del mondo. Immensi database di dati biometrici
di terroristi e ricercati vengono rapidamente incrociati e, in base
ad algoritmi generati dai punti del volto, svelano la vera identità di
persone riprese da telecamere o fotografate agli aeroporti. Quanto
a Carlesi e Gavazzeni, incrociano le loro competenze e, come accade
nei telefilm, vedono dawero quello che noi unlani non possiamo
neanche immaginare. Per questo hanno coadiuvato le indagini in
casi di cronaca nera o di intrighi internazionali: dal mostro di Firenze
all'attentato a Giovanni Paolo II, dal delitto di Erika e Omar
a Novi Ligure all'inchiesta sulla morte della giornalista Ilaria Alpi.
Ogni volta aggiungendo elementi decisivi sia per le indagini di
polizia sia per il giudizio di tribunali e commissioni parlamentari
d'inchiesta. Le loro perizie antropometriche su fotografie e filmati
hanno contribuito a escludere che sia stato il somalo Hashi Omar
Hassan a uccidere Ilaria Alpi e il suo operatore Miran Hrovatin nel
maggio 1994 a Mogadiscio. Sempre loro halIDo aperto una nuova
pista nel caso del mostro di Firenze quando, insieme al professor
Giovanni Pierucci, decano della medicina legale italiana, hanno
dimostrato che l'uomo ripescato dal lago Trasimeno nel 1985 non
era in realtà il medico Francesco Narducci, sospetto mandante degli
omicidi del "mostro".
LA DECISIONE CHE SPINGE due esperti di questo livello a dedicare
tempo e intelligenza alla verifica di P.I.D. viene presa in un sabato
di marzo del 2006, nell'Istituto di medicina legale di Pavia.
È qui che ha il suo centro la squadra raccolta intorno al professor
Pierucci, titolare della cattedra di medicina legale con la
passione per la storia. Ed è qui che si stanno registrando le interviste
per un documentario sulla morte di Benito Mussolini e Claretta Petacci, tema sul quale Pierucci e "i suoi ragazzi" hanno no fatto scoperte sensazionali analizzando
le foto di piazzale Loreto, scattate a Milano
il 29 aprile 1945. Vecchie e drammatiche immagini
capaci di rivelare, solo grazie alle più
recenti tecniche di analisi, particolari inediti
una dinamica degli eventi diversa da quella
della classica fucilazione. In pratica:
nessuna duplice esecuzione davanti al famoso
cancello di Giulino di Mezzegra alle 16 e lO
del 28 aprile 1945, ma due uccisioni distanti
tra loro qualche ora e qualche centinaio di
metri. Prima Mussolini, forse durante una
colluttazione, viene colpito frontalmente e
a bruciapelo mentre è in maglietta e senza
stivali; più tardi lei, vestita e in pelliccia, è
falciata alle spalle. In seguito, lui rivestito
alla meglio e lei senza più la pelliccia, vengono
portati a piazzale Loreto. Quel giorno,
nessuno dei tanti fotografi poteva immaginare
quante cose avrebbero potuto rivelare,
sessant'anni dopo, i loro scatti.
j.ììl;J;.CHIVIATO IL CASO MUSSOLINI-PETACCI, arriva la proposta
per una nuova sfida: perché non dare un'occhiata a un po' di
vecchie foto, questa volta degli anni Sessanta, e dimostrare l'infondatezza
di una leggenda metropolitana tanto diffusa quanto
incredibile? La sfida è raccolta da Gabriella Carlesi e Francesco
Gavazzeni con divertimento e una punta di sufficienza, perché qui
non ci sono cadaveri o fori di proiettile da analizzare. Bisogna
piuttosto spingere il più in là possibile le proprie capacità
di raffrontare le immagini per scoprire se due volti appartengono
o no alla stessa persona. Una specialità che i due avevano
già messo in atto qualche anno prima, quando si doveva capire
se in piazza San Pietro, il 13 maggio 1981, accanto al turco Alì
Agca che sparava a Giovanni Paolo II ci fosse o meno Ce in realtà
si scoprì che c'era) il bulgaro Sergei Antonov.
L'incrocio tra craniometria e tecnologia (che, tra le altre cose,
consente di portare a proporzioni omogenee foto dello stesso
soggetto scattate in momenti diversi) ha permesso di osservare,
come mai prima, una serie di immagini di Paul McCartney
dagli anni Sessanta a oggi. Gavazzeni spiega: «Adesso è infinitamente
più facile vedere e notare certe cose, perché la tecnica
di elaborazione digitale permette una velocità di comparazione
e una precisione di analisi nettamente superiori a quelle anche
di soli dieci anni fa». Il primo passo è quindi cercare e selezionare
immagini per poter mettere in proporzione le foto migliori
per qualità e inquadratura e procedere a misurazioni e confronti.
Al termine si potrà emettere il verdetto. Sul quale né Gavazzeni
né Cadesi, all'inizio, sembrano nutrire seri dubbi: «Ma sÌ,
mi son detta, ci mettiamo due minuti a concludere che si tratta
della stessa persona», ricorda sorridendo l'anatomopatologa.
«Un'occhiata a quello che c'era su internet sembrava sufficiente
a liquidare la faccenda: non sanno operare con una metodologia
corretta e così riescono a dimostrare quello che vogliono».
In generale, sui tanti siti web dedicati alla leggenda di Pau1 1s
Dead, la dimostrazione a cosa porta? A dire che, nel novembre
1966, il "vero" McCartney morì in un incidente automobilistico
e venne rimpiazzato da un sosia, mancino e musicista come lui.
«LA SORPRESA
E STATA GRANDE:
LA CURVA MANDIBOLARE
PRESENTAVA
UNA DISCREPANZA
DI OLTRE IL 6%»
Un'operazione sofisticata (ma non al punto
da non lasciare tracce), un inganno necessario
per non inceppare un meccanismo che
produceva guadagni favolosi. Talmente favolosi
da dare una boccata d'ossigeno all'intera
economia inglese. E così, per la schiera dei
complottisti, grazie anche alle numerose prove
che gli stessi Beatles avrebbero seminato
per anni nelle canzoni e nelle copertine dei
loro album, la verità è una sola. Non a caso,
il Paul McCartney dei successi da solista, dei
tour da record, delle campagne vegetariane e
dei divorzi miliardari viene spesso chiamato
FauI. Non Paul ma "Faul", una fusione tra fake,
cioè "falso", e PauI. Il nomignolo è tra le
conseguenze di una tempesta mediatica che
comincia il 12 ottobre 1969 con la telefonata
di un non meglio identificato Tom (Alfred per
alcune fonti) durante una trasmissione condotta dal dj Russell
Gibb alla radio Wknr di Detroit. Tom sosteneva che McCartney
era morto, che la sua scomparsa era stata tenuta segreta dagli altri
Beatles e dal loro management ma che il gruppo aveva anche
deciso di seminare una serie di indizi nei dischi, senza che nessuno
si fosse ancora accorto di nulla. Quella telefonata in diretta
diede l'avvio a una caccia al tesoro che, a distanza di quarant'anni'
non accenna a finire.
«Conoscevamo queste storie in maniera superficiale, come un po' tutti», dicono Carlesi e Gavazzeni. «Ma certo non era questo
il nostro punto di partenza. Per noi la base dovevano essere
delle buone immagini, in gran numero e con un'accettabile compatibilità
anatomo-antropometrica tra loro». La ricerca viene
condotta a tutto campo: foto scattate prima del 1966 e foto sicuramente
databili dal 1967 in avanti, sia mentre i Beatles erano
ancora uniti sia durante il periOdo solista di McCartney. «Non
è stato facile come poteva sembrare», ricorda Gavazzeni. «Per
le foto dei primi anni ho notato una diffusa incertezza sulla datazione, cosa che non si verifica nel periOdo
successivo. Addirittura, alcune istantanee
hanno date diverse a seconda delle agenzie e
le foto migliori sono di proprietà di fotografi
che non le concedono con troppa facilità».
Per poter fare una comparazione tra due
differenti periodi è stato quindi necessario
fissare alcuni punti fermi, confrontando
le migliori immagini disponibili del medesimo
soggetto e realizzate a breve distanza di
tempo. Come elemento base per stabilire le
proporzioni e poter procedere nel lavoro è stato sacrificato un aspetto importante a livello identificativo:
la distanza interpupillare. Infatti, avendo scelto questo criterio
come punto di allineamento delle immagini, non lo si è potuto
usare per confrontare le differenti foto. In altri termini, perché
tutto il resto fosse in scala qualcosa doveva variare.
Due immagini pre '66, messe a confronto e portate su un'unica
scala di riferimento per rendere omogenee le proporzioni, mostrano
una perfetta coincidenza dei principali punti chiave. In
particolare la curva mandibolare, cioè la linea che si può tracciare
al computer per definire il perimetro inferiore del volto,
diciamo da orecchio a orecchio passando per il mento, si rivela
sostanzialmente identica. Il margine di errore è inferiore all'un
per cento. «Poiché la perfetta coincidenza tra due immagini è
praticamente impossibile», spiega Gavazzeni, «per convenzione
si ritiene accettabile al massimo il 2,5 per cento di differenza.
Oltre questo limite, la discordanza è tale da far propendere per
la diversa identità tra i due soggetti in esame. Visto che in questo
caso lo scarto è inferiore all'un per cento il problema non si
pone: le due foto ritraggono sicuramente la stessa persona». Si
trattava a questo punto di cercare altre foto, con caratteristiche
analoghe, ma posteriori al presunto "incidente".
LA PRIMA FOTOGRAFIA UTILE, scattata
di certo dopo la data dell'''incidente''
è, come dire, una foto emblematica. È
infatti all'interno della copertina di un
disco non solo importante per la storia
del rock ma fondamentale anche nello
sviluppo della vicenda di P.ID.: Sgt.
PepperJs Lonely Hearts Club Band) pubblicato
nel giugno 1967. Da oltre otto
mesi i Beatles non appaiono in pubblico
e ora si ripresentano con un cambio
di stile e di look che, col senno di poi, non fa che aumentare i dubbi. In effetti,
anche senza la craniometria, in passato
P.ID. ha potuto contare su alcune anomalie
in grado di alimentare il sospetto
che, forse, qualcosa era accaduto davvero.
Del resto, anche senza conoscere le
ricerche di Carlesi e Gavazzeni, Glauco
Cartocci, autore dell'unico libro italiano
su questo tema (Il caso del doppio
Beatle, Robin Edizioni, 2007) ha osservato
che «da una parte, è indubbio come
la maggior parte dei fatti o indizi sia
facilmente confutabile, o appaia decisa mente risibile e paradossale; dall'altra,
si può però affermare che un buon 30
per cento di essi rimane inquietante,e non spiegabile alla luce della
logica». Nel solo Sgt. Pepper's sono stati contati 40 differenti
indizi, compresa la foto su cui si sono concentrate le attenzioni di
Carlesi e Gavazzeni. La leggenda di P.ID. non avrebbe avuto l'impatto
che ha avuto, senza un'altra sigla a prima vista non meno
oscura: O.P.D. È quello che si legge su un curioso distintivo che McCartney
ha sul braccio sinistro proprio in quella foto. Per quasi
tutti, McCartney in testa, è una scelta casuale, un buffo gadget canadese.
Infatti O.P.D. starebbe per "Ontario Police Department".
Secondo la versione complottistica o.P.D. indicherebbe la formula
usata comunemente dalla polizia per dichiarare il decesso di
una persona: Offlcially Pronounced Dea d, ossia "ufficialmente dichiarato
morto". «All'inizio abbiamo scelto il McCartney di Sgt.
Pepper)s non perché pensavamo al vero significato di O.P.D. ma,
semplicemente, perché sembrava una foto che faceva al caso nostro.
Certo non immaginavamo ancora quante cose ci avrebbe
aiutato a scoprire», dice Gavazzeni.
Quel McCartney, sicuramente ritratto nella prima metà
del 1967, è stato poi affiancato a un'altra foto, di qualche anno
successiva, scattata tra il 1971 e il 1972. L'obiettivo era quello di ripetere
l'operazione di raffronto già fatta con le immagini dei primi anni Sessanta e poi procedere all'esame comparato
dei dati emersi dai due gruppi di foto. Anche in questo
caso, tra le due nuove immagini c'è una buona
compatibilità. Non restava quindi che confrontare
i dati delle immagini precedenti la data del presunto
incidente e di quelle successive. «La sorpresa è
stata grande», dice ancora Gavazzeni: «La curva
mandibolare tra i due gruppi di foto presentava una
discrepanza di oltre il6 per cento, ampiamente oltre
la soglia di errore. Ma c'era di più. Cambiava proprio
lo sviluppo del profilo mandibolare: prima del 1966
ogni lato della mandibola è composto da due curve
nette; dal 1967 sembra esserci un'unica curva. C'è insomma
una curva morfologica diversa».
E LE SORPRESE NON FINISCONO lì perché l'implacabile
Gavazzeni, come un pugile che sente vicino il
k.o. dell'awersario, non molla la presa su quella foto
in cui McCartney, ignaro, accenna un sorrisetto
un po' perplesso: «A occhio nudo si nota quella che
sarà una costante nelle foto da quel momento in poi,
un paio di ritocchi fotografici abbastanza evidenti a
uno sguardo esperto. C'è una zona d'ombra che copre
l'angolo esterno dell'occhio sinistro. Solo da qualche
tempo non si vede più. E andando a scrutare in quel
punto, dove per anni c'è stata quella macchia scura,
ora si nota una via di mezzo tra una cicatrice e il segno
della pelle tirata come per un ritocco estetico.
La spiegazione più immediata è che probabilmente,
già negli anni Sessanta, sia stata fatta un'operazione
per intervenire sugli occhi ma che sia rimasto qualcosa
di imperfetto, che per molto tempo si è andati
avanti a mascherare». C'è poi un dettaglio che riguarda
la conformazione del cranio: «Addirittura,
l'impressione è che la forma della testa sia stata resa
un po' più tondeggiante», dice Gavazzeni: «Quindi
ridotta nella l unghezza effettiva, mediante un escamotage
in uso all'epoca e che si realizzava in fase di
stampa». Modificare effettivamente la conformazione
del cranio di un individuo adulto è una cosa
impossibile. Eppure, a giudicare dalle foto, è proprio
quello che si vede.
Gabriella Carlesi aggiunge un elemento ulteriore:
«Rispetto alle foto precedenti, quella di Sgt. Pepper's
mostra chiaramente che la commessura labiale, cioè
la linea formata dall'unione delle due labbra, si è improvvisamente
allungata. Cosa che ovviamente non
è possibile e che i baffi non riescono a mimetizzare».
In altri termini, ed è fenomeno fin troppo frequente di questi tempi, le labbra possono essere gonfiate e aumentate
di volume, ma l'ampiezza della commessura labiale non può variare
più di tanto. Può subire leggerissime alterazioni, però non
è questo il caso della foto esaminata: qui la differenza tra il prima
e il dopo è troppo forte per poter essere stata causata da un
qualunque intervento chirurgico. E in più, sempre sotto i baffi
del McCartney di Sgt. Pepper>s, forse si è cercato di nascondere
un altro elemento: quello che gli specialisti chiamano il punto
naso-spinale o sottonasale. È il punto tra le due narici dove il naso
inizia a staccarsi dal viso: «Si tratta anche in questo caso di un
tratto caratteristico che la medicina chirurgica non può modificare. Può cambiare la forma del naso ma non
il punto naso-spinale», spiega Gabriella Carlesi.
«E tra il McCartney del primo gruppo
di foto e quello del secondo quel punto varia
chiaramente».
Consapevoli di non aver lasciato nulla al
caso, Carlesi e Gavazzeni, tra il sorpreso e il
divertito, cominciano ad ammettere di essere
perplessi. Dice Gabriella: «Ci piaceva
l'idea di applicare anche a questo caso una
metodologia rigorosa, accettata e richiesta
per lavori di una certa importanza. Ma non pubblicazione di Sgt. Pepper>s Lonely
Hearts Club Band> invece, il palato di McCartney
si allarga sensibilmente, al punto
che i denti frontali non ruotano più sul
proprio asse come in precedenza. Con la
sola, relativa, eccezione del solito canino.
«Una modifica della forma del palato»,
conclude Carlesi, «negli anni Sessanta
non era impossibile ma sarebbe stata molto
traumatica, frutto di un vero e proprio
intervento maxillo-facciale». In pratica
McCartney si sarebbe dovuto sottoporre
a un'operazione che avrebbe comportato
l'apertura della sutura palatina, la rottura
dell'osso e quindi un lungo trattamento ortodontico
e protesico. In altri termini, per
ottenere un cambiamento così sensibile
negli anni Sessanta a McCartney sarebbe
stato necessario non solo un intervento
particolarmente doloroso e cruento ma
anche l'uso di un apparecchio fisso ortodontico,
allora multibande, per oltre un
anno. Cosa che non sarebbe stato possibile
nascondere e che avrebbe avuto evidenti
ricadute sulle prestazioni vocali di un cantante
profeSSionista. «Ma soprattutto»,
conclude Gabriella Carlesi, «che ragioni
poteva avere Paul McCartney per sottoporsi
a un simile calvario?».
Inutile rivolgere la domanda al diretto
interessato: Paul McCartney, così come gli
altri Beatles, ha sempre preferito glissare
su quesiti diretti oppure è ricorso all'ironia
per mettere in ridicolo tutta la faccenda.
Quello tra McCartney e la leggenda della
sua morte è un gioco a rimpiattino. In
realtà, ribadiscono Carlesi e Gavazzeni, se
avesse davvero voluto mettere la parola fine
a tutta questa storia McCartney avrebbe
potuto farlo da tempo. Finché era in vita,
suo padre avrebbe potuto fare per esempio
un esame del dna per confinare la storia di
P.I.D. una volta per tutte nel mondo delle
immaginavamo che, a un certo punto, la nostra
indagine avrebbe preso la direzione che
stava prendendo ... ». Lo stesso stupore che
coglie chi analizza nelle sue dinamiche (esoteriche, di comunicazione,
musicali) la vicenda della presunta morte e sostituzione
di Paul McCartney si impossessa anche dei due ricercatori, man
mano che si addentrano nello studio delle immagini ritenute più
idonee alle verifiche craniometri che. «Più ci sollecitavano una risposta
e più prendevamo tempo», ricorda Gavazzeni. «Sembrava
impossibile ma l'idea che qualcosa non tornasse si faceva sempre
più forte, giorno dopo giorno, foto dopo foto». La sfida si era fatta
intrigante, sarebbero andati avanti: anche perché altri aspettiimportanti
attendevano di essere esaminati. A cominciare da quello
in cui Gabriella Cadesi eccelle e per il quale gode di fama internazionale:
l'identificazione odontologica. Più McCartney canta e si
mostra sorridente, più Carlesi raccoglie elementi per alimentare
i suoi dubbi: «Per me la prova del:le prove è rappresentata dalla
forma del palato, ancora più che dai denti».
CI SONO COSE IMPOSSmILI e cose che sono possibili ma a prezzo
di operazioni lunghe, dolorose e mai perfette. Specie se fatte negli
anni Sessanta. Ora, l'esame attento di alcune immagini di McCartney
prima e dopo l'autunno 1966 lascia, è il caso di dirlo, a bocca
aperta: «Prima di tutto c'è il canino superiore destro», fa osservare
Gabriella Carlesi. «N elle foto precedenti al 1966 si nota come sporga
rispetto alla linea dell'arcata dentale. È il classico caso di un dente
che per mancanza di spazio finisce per disallinearsi, spinto fuori
dalla pressione degli altri denti. È curioso invece che lo stesso canino,
nelle foto dal 1967 in avanti, sporga sempre ma senza ragione
apparente: le immagini mostrano che avrebbe lo spazio per essere
allineato ai denti vicini. È come se si sia voluto ricreare un dettaglio
in una bocca dove quell'anomalia non si sarebbe mai potuta
manifestare». li vero nocciolo del ragionamento di identificazione
odontologica suggerito da Gabriella Carlesi riguarda l'intero palato
di McCartney che, prima del 1966, si mostra stretto al punto da
giustificare vari disallineamenti di denti, sia pure in forme meno
evidenti del canino superiore destro. Dopo la I leggende. Oppure Paul avrebbe potuto ri correre al fratello minore, Mike. E invece non ha fatto nulla. Anzi, l'unica volta che
è stato costretto a un esame del genere ha
alimentato nuovi sospetti e domande. Cui
ha dato voce una donna tedesca di 45 anni,
Bettina Krischbin, sedicente figlia di
McCartney frutto di una relazione tra il
giovane musicista non ancora famoso ed
Erika Wohlers, una bionda ragazza di Amburgo
dove i Beatles fecero parte della loro
gavetta. Nel 1961, quando nacque Bettina,
McCartney non volle riconoscere la figlia
ma, curiosamente, contribuÌ al suo mantenimento
con un versamento mensile di
200 marchi. Erika si accontentò, Bettina
no. E, una volta maggiorenne, decise di
rivolgersi a un tribunale per ottenere il
riconoscimento ufficiale del padre. Il test
di paternità non diede i risultati sperati.
Ma Bettina ha il sospetto che ci sia stato
un imbroglio: al test si sarebbe presentato
a suo dire un sosia del padre, come
dimostrerebbero sia le foto scattate quel
giorno sia un autografo che, a una perizia,
risulterebbe non solo fatto da un finto
mancino, ma anche piuttosto diverso da
altri autografi di McCartney. Le incertezze
continuano ad accumularsi soprattutto
in virtù dell'ultima carta, dell'ultimo asso
presente nella perizia svolta da Gabriella
Carlesi e Francesco Gavazzeni: un dettaglio
di pochi millimetri quadrati che in
tribunale potrebbe essere decisivo.
TECNICAMENTE SI CHIAMA TRAGO. Tutti
ne abbiamo due, uno per orecchio, ma le
caratteristiche sono diverse per ogni essere
umano. «In Germania, in una procedura
di riconoscimento craniometrie o, l'identificazione
del padiglione auricolare destro
equivale addirittura alla dattiloscopia, cioè
alla rilevazione delle impronte digitali»,
ricorda Carlesi. Ma che cos'è il trago? È
quella piccola cartilagine rivestita di pelle
che sovrasta l'imbocco uditivo dell'orecchio
e che, al pari di tutto il padiglione
auricolare, non è modificabile chirurgicamente.
Come spiegare quindi le differenze
tra l'orecchio destro di Paul McCartney in
un'istantanea precedente al 1966 e in una
realizzata probabilmente alla fine degli
anni Novanta? Non è solamente il trago
a tradire una diversa conformazione
ma anche altre parti come, appena sopra
l'imbocco uditivo, i rilievi dell'elice e
dell'antelice. Cose che ai comuni mortali
possono sembrare irrilevanti o poco chiare ma che invece, ogni giorno, consentono agli esperti di individuare e identificare Eppure, anche di fronte a considerazioni
di questo tipo, lo scetticismo è duro a
morire. «lo ancora adesso non so cosa
dire, anzi cosa dirmi», ammette Gavazzeni
che di McCartney, chiunque egli sia,
si dichiara fan. Mentre Carlesi si limita
a osservare: «I dubbi sono molto forti
e le discordanze numerose, ma non ci si
può esprimere ancora con assoluta certezza.
Soprattutto perché parliamo di
un personaggio cosÌ noto e per di più vivo.
Davanti a un cadavere sarei più netta:
i dati emersi mi avrebbero indotto e autorizzato
a procedere con più esami
approfonditi e dirimenti. Comunque, se
sostituzione c'è stata, il vero capolavoro è
stato quello di trovare un sosia con caratteristiche
antropometriche tutto sommato
molto vicine all"'originale"», ammette.
«C'è da dire che l'analisi antropometrica
va, necessariamente, corredata da esami
di altro tipo per formulare una perizia certa
al 100 per cento».
SENZA SBILANCIARSI e senza portare, almeno
a parole, alle estreme conseguenze
la loro inchiesta, Carlesi e Gavazzeni incarnano
l'essenza amletica della leggenda
di Paul Is Dead. Due diversi tipi di razionalità
si scontrano senza la possibilità di
una verità condivisa. Come non domandarsi
come possa un uomo, nel giro di
pochi mesi, alterare forma del cranio, palato,
bocca, naso, mandibola e orecchie
pur continuando a cantare e a comporre
musica? Da una parte c'è la difficoltà ad
accettare uno scambio di persona quasi
perfetto; dall'altra, la craniometria va a
sorreggere i non pochi indizi inseriti nei
dischi, nelle copertine e nei loro video dagli
stessi Beatles.
Ma alle domande che possono aver trovato
una risposta se ne sostituiscono altre,
non meno impegnative. A cominciare
dall'interrogativo cui nessuno, compreso
il diretto interessato, sembra poter dare
una risposta: chi è l'uomo che chiamiamo
Paul McCartney?